Gender gap tecnologico in Italia, a che punto siamo? Il 28 aprile si è celebrata la Giornata internazionale delle ragazze nelle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, ma i dati dicono che il gender gap tecnologico è in crescita
Carlotta Sisti – Elle Magazine – 24 aprile 2022
A più di due anni dall’inizio della pandemia, nessun aspetto, o quasi, delle nostre vite ne sta uscendo migliore. I dati, raccolti su più fronti, uccidono, insomma, ogni retorica su resilienze e stoicismi. Non è migliorata, dunque, la nostra salute mentale, e non è migliorata la scuola, che con la DAD ha ampliato ancor più il divario tra chi è più fortunato e chi è marginalizzato. Non è migliorato il mondo del lavoro, nonostante quell’aggettivazione simpatica che lo vorrebbe “smart”, e non lo è soprattutto per le donne, ovunque nel mondo, e con un’Italia che non fa certo eccezione e ci racconta di lavoratori scesi nel 2020 di 101 mila unità, 99 mila dei quali composti da donne. Un dato, questo italiano, in linea con quanto dichiarato dal Global Gender Gap Report 2021 del World Economic Forum, che spiega come l’impatto della pandemia COVID-19 continui a farsi sentire anche sul divario di genere globale, aumentato di una generazione, passando da 99,5 anni a 135,6 anni.
Ma il gender gap che si riflette sul mondo del lavoro, è ovviamente qualcosa che nasce prima, che si forma a monte, a partire dalla scelta del percorso di studi, che vede, per sempio, l’area STEM (Science, technology, engineering, and mathematics) a netta prevalenza maschile. La disuguaglianza sociale e culturale che colpisce le professioniste del mondo femminile e le allontana dall’ambito tecnologico, in particolar modo nelle aree emergenti del mondo del lavoro, è un fatto. Il mondo STEM è ancora, troppo e troppo spesso, considerato una cosa “da uomini”, molto più di altri ambiti lavorativi. Ce lo aveva confermato Donatella Sciuto, ingegnera elettronica e prorettrice del Politecnico di Milano, che pure ha fiducia in un cambiamento di rotta: «La scienza non ha genere – diceva un anno fa ad Elle Sciuto, premiata di recente nell’ambito del programma Women leaders in AI, promosso da IBM – il motivo per cui alle bambine a volte non piace è perché non vengono incoraggiate. Per questo il Politecnico da anni organizza eventi aperti ai più piccoli (tra cui La notte dei ricercatori), per spiegare loro in maniera semplice cos’è la ricerca scientifica».
Eppure raggiungere la parità di genere nelle Information&Communication Technologies (ovvero il mondo delle telecomunicazioni, dell’uso di internet, delle infrastrutture e dei processi per creare, elaborare, scambiare dati) non è mai stato un obiettivo così lontano, e all’indomani della Giornata internazionale delle ragazze nelle TIC, è importante metterlo ben a fuoco. I dati globali, infatti, anziché mostrare dei passi avanti sul tema, mostrano invece una preoccupante recessione, perfino nei Paesi più virtuosi. In Islanda (Paese che ha quasi colmato il divario di genere in molti ambiti, aggiudicandosi per dodici anni il titolo di miglior nazione in tema di gender equality), le ragazze sono ancora penalizzate nei settori dell’istruzione più rilevanti per il mercato del lavoro attuale e futuro. Solo il 10,25% delle laureate sceglie di perseguire un percorso di studi nell’ambito STEM, contro il 26,6% degli studenti maschi.
Questo divario è importante anche nel nostro Paese, che nel 2021 si è posizionato al 63esimo posto nel Global Gender Gap Index 2021, dietro al Peru, alla Bolivia, ma anche al Madagascar, allo Zambia o al Suriname. In Italia infatti, in tema di gender gap tecnologico, solo il 15,72% % delle ragazze sceglie di dedicarsi a un percorso di studi in ambito ICT, contro il 33,93 % dei ragazzi. In questo scenario faticoso e potenzialmente scoraggiante, c’è un evento che intende ribaltare il punto di vista, e prendere come stimolo questa difficoltà: si chiama hackher_ ed il prossimo 18 maggio porterà cento alunne delle scuole superiori di Milano a confrontarsi con la tecnologia e ad ascoltare le case histories di alcune delle più brillanti rappresentanti femminili del mondo STEM internazionale. All’interno del Castello Sforzesco di Milano, in questa sua seconda edizione hackher_ torna con il suo progetto multidisciplinare, nato con l’obiettivo di avvicinare quante più ragazze al mondo STEM, attraverso una giornata all’insegna della tecnologia al femminile.
Un evento importante, che ha a che fare con la formazione, che a sua volta ha a che fare sì con le storie personali di donne e ragazze, ma anche con l’idea di economia più ampia e larga che un Paese ha. Come ricorda la scrittrice Chiara Valerio, provvista, caso raro, di un dottorato in matematica, a proposito del pamphlet La matematica è politica (Einaudi) “i soldi sono numeri”: «Se li abbiamo, possiamo consentirci certe cose, se non ne abbiamo possiamo farne solo altre, o niente; i titoli di studio sono numeri, senza un certo voto non possiamo accedere a certe specializzazioni, senza un certo numero di titoli di studio, non possiamo intraprendere certe carriere». Lorella Carimali, docente di matematica e fisica al liceo, nel 2018 finalista del Global Teacher prize, il Nobel per l’insegnamento. Alla domanda: “perché le donne non dovrebbero essere grandi matematiche?”risponde nel saggio L’equazione della libertà (Rizzoli). «Perché pensano di non riuscirci, forse. Se una bambina dice alla madre che non sa fare i compiti di matematica, può sentirsi rispondere: “Vai da papà che io non sono molto brava”. Così si alimenta lo stereotipo di genere. Un’altra frase frequente è: “Non preoccuparti, sei portata per le materie umanistiche”. Pensare di essere “negate” è un limite autoimposto che ci priva della possibilità di disporre del nostro potenziale». Maryam Mirzakhani, unica donna ad aver vinto la medaglia Fields, diceva: «Se pensi che non ce la farai, la tua mente non lavora bene, non ci prova nemmeno». Anche se a volte basta un piccolo incentivo, come la miniserie La regina degli scacchi su Netflix (62 milioni di connessioni, un successo planetario) che ha fatto imprevedibilmente salire le richieste di scacchiere su eBay (più 250 per cento) e le vendite di libri sulle strategie di gioco (più 603 per cento) anche tra le ragazze.
Gli stereotipi su donne e materie scientifiche e tecnologiche, sono realmente interiorizzati, non è una leggenda: In Italia, infatti, secondo un’indagine realizzata da AstraRicerche per Gilead Sciences su un campione rappresentativo della popolazione, la parità di genere è reale e piena solo per il 18.8% degli intervistati, e peggio va se il settore di riferimento è quello delle STEM, per il quale la metà del campione ritiene che i maschi “siano più portati”. E intorno a noi, come detto, c’è un Europa che deve far fronte a una carenza senza precedenti di donne nell’istruzione e nell’occupazione in campo STEM (science, technology, engineering and mathematics). Sebbene le donne costituiscano il 52% della popolazione europea e il 57,7% dei laureati e diplomati dell’istruzione terziaria nell’UE, soltanto due scienziati e ingegneri su cinque sono donne. Un’ulteriore punto su cui riflettere è la sotto rappresentanza delle donne che lavorano nel settore delle tecnologie innovative, come l’intelligenza artificiale (IA), poiché questo può avere un impatto negativo sulla progettazione, sullo sviluppo e sull’applicazione di tali tecnologie, portando alla riproduzione delle pratiche discriminatorie e degli stereotipi esistenti e allo sviluppo di algoritmi viziati da pregiudizi di genere. Insomma, l’argomento è complesso, le criticità tante e su più fronti, il lavoro davanti sconfinato, ma ci sono date e momenti da cui poter partire, come la Giornata Internazionale delle ragazze nelle ICT e le sue iniziative, e come l’evento del 18 maggio a Milano, che non a caso si chiama hackher_ ed anche per questo promette di essere utile sì, ma pure parecchio divertente.
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